I quattro aspetti di Gesù Cristo
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Vangelo di Matteo
Re
Il Leone
Porporino
Vangelo di Marco
Schiavo
Il Bue
Scarlatto; rosso-sangue
Vangelo di Luca
Uomo
L’uomo
lino fino ritorto bianco
Vangelo di Giovanni
Dio
L’aquila
violaceo-blu
I quattro aspetti di Gesù Cristo
Gli scritti di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, comunemente chiamati i quattro Vangeli, presentano la vita terrena di Gesù Cristo e il suo ministero, accentuandone ognuno un aspetto magnifico. Assieme dipingono un quadro completo dell’opera di Cristo sulla terra. Essi possono essere appaiati in questo modo:
- Giovanni e Luca – Gesù è Dio e allo stesso tempo uomo
- Matteo e Marco – Gesù è il re e contemporaneamente uno schiavo
Questi quattro meravigliosi aspetti furono preannunciati nell’Antico Testamento sottoforma simbolica dal profeta Ezechiele e dai colori adoperati nel tabernacolo, che i figli d’Israele costruirono nel deserto dopo essere fuggiti dalla schiavitù in Egitto.
Il profeta Ezechiele ebbe una visione nel cui centro “appariva la forma di quattro esseri viventi; e questo era l’aspetto loro: avevano aspetto umano. … Quanto all’aspetto delle loro facce, essi avevano tutti una faccia d’uomo, tutti e quattro una faccia di leone a destra, tutti e quattro una faccia di bue a sinistra, e tutti e quattro una faccia d’aquila” (Ezechiele 1:5, 10).
I quattro esseri viventi visti da Ezechiele avevano un aspetto umano, ma con facce di animali. Esse erano appaiate ognuna con il suo opposto, proprio come i quattro vangeli: davanti l’uomo e dietro l’aquila, che raffigurano l’umanità di Gesù e la sua divinità. A destra il leone e a sinistra il bue, che rappresentano rispettivamente il re e lo schiavo. Li ritroviamo in un altro ordine nel libro dell’Apocalisse. “La prima creatura vivente era simile a un leone, la seconda simile a un vitello, la terza aveva la faccia come d’un uomo e la quarta era simile a un’aquila mentre vola” (Apocalisse 4:7).
Infine, i colori adoperati per la costruzione del tabernacolo illustrano anch’essi le quattro sfaccettature di Gesù Cristo. “Farai poi il tabernacolo con dieci teli di lino fino ritorto, di filo color violaceo, porporino e scarlatto, con dei cherubini artisticamente lavorati” (Esodo 26:1).
Il bianco, che è il colore del lino fino ritorto e il primo colore menzionato, raffigura la purezza dell’umanità di Cristo, mentre il color violaceo, che molte traduzioni (francese, tedesco) notano come blu, rappresenta la natura celeste di Cristo. Il porporino indica la natura regale del Messia, mentre lo scarlatto ci ricorda il sangue che Gesù Cristo, nella condizione di schiavo, versò per noi sulla croce, come unico sacrificio gradito a Dio (Ebrei 9:26).
GESÙ È DIO – Il vangelo di Giovanni
“Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. … E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.” (Giovanni 1:1,14).
Dio è eterno, unico, invisibile, santo, onnisciente, onnipresente, onnipotente, immutabile, incomparabile, imperscrutabile, giusto, sovrano (al di sopra di tutto), … e magnifico. Egli è “l’Io sono” (Es 3:14), ossia colui che è ogni cosa per noi! Dopo l’allontanamento dal giardino nell’Eden, l’uomo però non poteva più avvicinare questo Dio meraviglioso perché la barriera del peccato si era eretta tra Dio e l’uomo. Dio è santo e non può tollerare il peccato; l’uomo dovette quindi limitarsi ad adorare un Dio esteriore attraverso pratiche e riti.
Dio però volle ristabilire la comunione con la propria creatura; così, questo Dio sorprendente, decise d’incarnarsi in Gesù Cristo per amore di questi vasi d’ira che lui aveva creato perché esprimano tutta la sua bontà. Il vangelo di Giovanni sottolinea la divinità di Cristo e la sua uguaglianza con Dio per farci capire quale percorso Dio accettò di fare per noi. “Non credi tu che io sono nel Padre e che il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico di mio; ma il Padre che dimora in me, fa le opere sue.” (Giovanni 14:10). “Ma Gesù ad alta voce esclamò: “Chi crede in me, crede non in me, ma in colui che mi ha mandato; e chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Giovanni 12:44-45). Giovanni trascrive molte parole di Gesù Cristo che mostrano la sua perfetta identità con il Dio unico: il “Figlio di Dio” (usato ripetutamente), “Io sono di lassù” (Giovanni 8:23), “allora conoscerete che io sono, …” (Giovanni 8:28, vedi Esodo 3:13-14) in riferimento la nome che Dio stesso rivelò a Mosè; “in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono” (Giovanni 8:58), “Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10:30) e “Tommaso gli rispose: « Signor mio e Dio mio!” (Giovanni 20:28).
Questo Figlio di Dio non ha una genealogia perché è eterno. Così Giovanni Battista disse: “E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio” (Giovanni: 1:34).
L’aquila – il Dio invisibile
L’aquila rappresenta l’aspetto invisibile e inaccessibile di Dio. Nel libro di Giobbe, Dio stesso replica all’autore dicendo: “È forse al tuo comando che l’aquila si alza in alto e fa il suo nido nei luoghi elevati? Abita nelle rocce e vi pernotta; sta sulla punta delle rupi, sulle vette scoscese; di là spia la preda e i suoi occhi mirano lontano” (Giobbe 39:27-29). Egli è unico e abita in luoghi alti perché è “il solo che possiede l’immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere” (1 Timoteo 6:16).
Sebbene il re Salomone fosse dotato di saggezza non comune, anche lui nel suo libro dei Proverbi non capisce la traccia dell’aquila nell’aria (Proverbi 30:19), come noi non capiamo e non possiamo capire Dio. Ecco perché anche Ezechiele, presentando i quattro esseri viventi, dice che avevano l’aspetto umano. Ciò significa che l’uomo è posto davanti, mentre l’aquila è dietro perché Dio non si può vedere: “In verità tu sei un Dio che ti nascondi, o Dio d’Israele, o Salvatore!” (Isaia 45:15).
Sebbene sia un Dio invisibile, egli ha cura del suo popolo: “Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d’aquila e vi ho condotti a me.” (Esodo 19:4). “Poiché la parte del Signore è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità. … Come un’aquila che desta la sua nidiata, volteggia sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. Il Signore solo lo ha condotto e nessun dio straniero era con lui” (Deuteronomio 32:9,11-12). Questo Dio nascosto, inaccessibile, raffigurato dall’aquila, che ha sempre badato al suo popolo, un giorno decise di incarnarsi sulla terra per ristabilire una relazione ancora più stretta con gli esseri umani. Lodiamo il nostro Dio.
Il violaceo/blu – la sua natura celeste
“Tekeleth” sostantivo femminile in lingua ebraica adoperato in questi casi (vedi Esoso 26:1) e traducibile con “violaceo” oppure con “blu indaco”, ossia l’azzurro intenso che fa parte dei sette colori fondamentali visibili nell’arcobaleno (rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto). Questo colore, che molte traduzioni (francese, tedesco) notano appunto come blu, rappresenta quindi la natura celeste di Cristo, perché il Figlio dell’uomo scese dal cielo (Giovanni 6:58). Egli visse come uomo, ma la sua natura era celeste. “Egli diceva loro: Voi siete di quaggiù; io sono di lassù; voi siete di questo mondo; io non sono di questo mondo” (Giovanni 8:23). Ma questo Gesù celeste, volendo stabilire una relazione con gli esseri umani sulla terra, disse a Natanaele: “In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” (Giovanni 1:51). Tramite la metafora della scala, gli annunciò che lui avrebbe ristabilito la relazione diretta tra la terra e il cielo, tra gli uomini e Dio. “Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo che è nel cielo” (Giovanni 3:13). Gesù è il pane sceso dal cielo che dà la vita al mondo (Giovanni 6:33).
“Il primo uomo, – disse l’apostolo Paolo – tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo è dal cielo. Qual è il terrestre, tali sono anche i terrestri; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine del terrestre, così porteremo anche l’immagine del celeste” (1 Corinzi 15:47-49). Quindi anche noi dobbiamo entrare in questa esperienza che viene dal cielo: la nostra visione è celeste (Atti 26:19), la vocazione è celeste (Filippesi 3:14), il regno del Signore è celeste (2 Timoteo 4:18), dobbiamo essere perfetti come il nostro Padre celeste è perfetto (Matteo 5:48) e la Gerusalemme spirituale è celeste (Ebrei 12:22), è libera ed è nostra madre (Galati 4:26).
Aspiriamo quindi alle cose di lassù (Colossesi 3:1-3) dove Dio ci ha creati in Cristo Gesù (Efesini 2:6).
GESÙ, IL RE – Il vangelo di Matteo
Gesù venne sulla terra come RE e il vangelo di Matteo presenta questo aspetto meraviglioso della persona di Gesù. Esso inizia con la “genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide…” (Matteo 1:1), a dimostrazione che Gesù è il discendente diretto della casa reale. Lui è il Re promesso al popolo d’Israele, la cui nascita fu annunciata ai magi d’Oriente: “Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode. Dei magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: – Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo.” “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele” (Matteo 2:1-2, 6).
Perciò il messaggio principale del vangelo di Matteo è “Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3:2). Questo messaggio fu annunciato tanto da Giovanni il battista quanto da Gesù stesso (Matteo 4:17); poi Gesù ne affidò la missione ai suoi discepoli (Matteo 10:7). Soltanto Matteo adopera l’espressione “il regno dei cieli” (più di 30 volte), perché solo il suo vangelo presenta Gesù, il nostro magnifico salvatore, come il Re.
Il nostro Signor Gesù è dunque il Re che s’innalza “come sovrano al di sopra di tutte le cose!” (1 Cronache 29:11) ed è pure il Re a cui ci rivolgiamo: “Odi il mio grido d’aiuto, o mio Re e mio Dio, perché a te rivolgo la mia preghiera” (Salmo 5:2). Come cristiani abbiamo il privilegio di servire il Signore che “siede come re in eterno” e che “giudicherà il mondo con giustizia, giudicherà i popoli con rettitudine” (Salmo 9:7-8). “Chi è questo Re di gloria? È il Signore, forte e potente, il Signore potente in battaglia” (Salmo 24:8), che compie tutta la sua volontà. “Io annunzio la fine sin dal principio, molto tempo prima dico le cose non ancora avvenute; io dico: Il mio piano sussisterà, e metterò a effetto tutta la mia volontà” (Isaia 46:10).
Associamoci quindi alla lode del re Davide: “io t’esalterò, o mio Dio, mio re, e benedirò il tuo nome in eterno” (Salmo 145:1), e alla folla dei discepoli quando Gesù entrò in Gerusalemme: “Benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi!” (Luca 19:38). Diamogli fiducia perché ogni cosa è nelle sue mani. “Egli è il Signore dei signori e il Re dei re” (Apocalisse 17:2).
Il leone della tribù di Giuda
Nella Bibbia, il leone rappresenta molte cose: per esempio la collera dei re o il dolore umano paragonato al sentirsi nelle fauci dei leoni (cfr. Salmo 7:2). Esso rappresenta pure la potenza che incute timore: “Il re [Salomone] fece pure un gran trono d’avorio, … presso i due bracci stavano due leoni, e dodici leoni erano sui sei gradini, da una parte e dall’altra” (1 Re 10:18-20). “Il terrore che incute il re è come il ruggito del leone” (Proverbi 20:2). Nel Nuovo Testamento si riferisce pure al diavolo che “va attorno come un leone ruggente cercando chi divorare” (1 Pietro 5:8).
Ma positivamente, riferendosi a Cristo, il leone rappresenta il suo essere RE, discendente della tribù di Giuda (Genesi 49:10) e della stirpe di Davide. “Grazia a voi e pace da colui che è, che era e che viene, … e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra” (Apocalisse 1:4-5). “Ma uno degli anziani mi disse: Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, la radice di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli” (Apocalisse 5:5). Il leone sta a indicare che lui è il Re che ha vinto e sconfitto il diavolo (l’avversario) e la morte. Egli ci introduce nel suo regno, di cui siamo i cittadini. “Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli” (Apocalisse 17:14). Non è un miracolo? Per la nostra salvezza, il leone è diventato l’agnello che toglie il peccato dal mondo.
Gesù Cristo è un Re potente, eppure prese la forma di uno schiavo per servirci. Che Dio meraviglioso!
La porpora, l’attributo regale
La porpora indica la natura regale del Messia. La porpora è il colore dei re e degli uomini importanti come lo fu Daniele alla corte di Baldassarre, ultimo re di Babilonia, dopo aver interpretato i suoi sogni: “Daniele fu vestito di porpora, gli fu messa al collo una collana d’oro e fu proclamato terzo nel governo del regno” (Daniele 5:29).
Prima di essere arrestato, Gesù si recò con i discepoli in un podere chiamato Getsemani. Giuda venne verso di lui con una gran folla per consegnarlo ai sacerdoti, e uno di quelli che erano con Gesù sfoderò la spada per difenderlo. Ma Gesù replicò: “Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?” (Matteo 26:53-54). Dodici legioni d’angeli avrebbero protetto il Re Gesù da qualsiasi aggressione, ma lui non volle perché era venuto per adempiere le scritture e accettare la morte per ognuno di noi.
Non reagì, ma come una pecora davanti al tosatore, permise loro di arrestarlo e le guardie romane in cominciarono a schernirlo: “lo vestirono di porpora e, dopo aver intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo e cominciarono a salutarlo: Salve, re dei Giudei!” (Marco 15:17-18). Così facendo, ammisero inconsapevolmente che lui è il RE venuto sulla terra per salvare i suoi sudditi e farne i suoi fratelli. ALLELUIA PER IL NOSTRO RE.
GESÙ UOMO – Il vangelo di Luca
Gesù è Dio incarnato in un uomo. Sebbene sia Dio, egli non esitò a umiliarsi prendendo la forma di un uomo per venire fino a noi affinché potessimo ammirare la sua umanità perfetta, pura e senza macchia. Tramite la sua incarnazione, Gesù poté sostituirci morendo sulla croce per noi, affinché potessimo beneficiare della sua salvezza completa. Che uomo meraviglioso!
“Gesú, quando cominciò a insegnare, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, … di Adamo, di Dio” (Luca 3: 23-38).
La genealogia di Gesù nel Vangelo di Matteo parla di Gesù Cristo, figlio di Davide e inizia da Abramo per dimostrare che Gesù è un Ebreo discendente reale; mentre quella trasmessaci dal vangelo di Luca, parte da Giuseppe, il padre adottivo, e risale fino ad Adamo, per accentuare il fatto che Gesù è proprio un uomo discendente dal primo uomo.
Il vangelo di Luca è ricco di elementi biografici di Gesù, assenti negli altri vangeli. Solo Luca menziona la circoncisione di Gesù, rito ebraico destinato a tutti i figli maschi. Solo Luca racconta dell’episodio al tempio di Gerusalemme, dove Gesù a dodici anni, dimostra la sua ubbidienza ai genitori accettando la loro autorità su di lui come ragazzo. Era salito a Gerusalemme con i genitori per la festa di Pasqua, ma all’insaputa dei genitori, rimase nel tempio in mezzo ai maestri, ascoltandoli e ponendo loro delle domande. Nel frattempo, i genitori si erano incamminati verso Nazaret pensando ognuno che Gesù fosse con l’altro genitore (viaggiavano infatti separatamente, secondo la tradizione), poi erano tornati a Gerusalemme per cercarlo. Allora Gesù disse loro “Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” … Poi come qualsiasi ragazzo ubbidiente “discese con loro, andò a Nazaret, e stava loro sottomesso” (Luca 2:49-51). Sebbene fosse il Figlio di Dio, egli accentuò il suo essere un ragazzo ubbidiente ai genitori. La lettera agli Ebrei ci dice che Gesù imparò l’ubbidienza (Eb 5:8). E Luca prosegue nel presentarci Gesù, perfetto nella sua vita umana e commosso nella sua bontà e misericordia verso il figlio prodigo che dilapida tutti i beni del Padre, verso la pecora smarrita, alla ricerca della dramma persa, in aiuto al Samaritano ferito … ossia verso tutti gli uomini, indistintamente.
Al tempo di Gesù, i Giudei non credevano che Gesù fosse Dio; oggi noi potremmo dubitare della sua umanità, perciò Luca chiama tre persone a testimoni: Gesù stesso che, mentre gli uomini che lo tenevano lo schernivano, bestemmiavano e lo percotevano, disse: “Ma da ora in avanti il Figlio dell’uomo sarà seduto alla destra della potenza di Dio” (Luca22:69), insistendo così sulla sua umanità anche dopo la risurrezione. Colui che lo giudicò, Pilato, dovette ammettere l’innocenza di quell’uomo, ma per paura dei Giudei e di una sommossa, lo condannò. “Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: Non trovo nessuna colpa in quest’uomo. … Avete fatto comparire davanti a me quest’uomo come sovversivo; ed ecco, dopo averlo esaminato in presenza vostra, non ho trovato in lui nessuna delle colpe di cui l’accusate” (Luca 23:4,14). Infine, uno dei centurioni che lo crocifissero ammise: “Veramente, quest’uomo era giusto” (Luca 23:47).
Dio, creatore dell’universo, si è incarnato diventando un uomo come noi, eccetto il peccato.
L’uomo, il nostro sostituto sulla croce
Perché i quattro esseri viventi menzionati da Ezechiele (1:5) avevano l’aspetto umano? Perché da un lato soltanto un uomo perfetto poteva morire come sostituto per il perdono dei peccati di tutti gli esseri umani e dall’altro perché Dio si è sempre presentato all’uomo con sembianza di uomo.
Gesù visse sulla terra come tutti noi, in una famiglia, lavorando da falegname, passando attraverso tutte le tappe della vita umana fino all’età di trent’anni quando incominciò a insegnare (Luca 3:23). Visse come noi, aveva la stessa natura umana tranne per quel che riguarda il peccato: “egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (Ebrei 4:15).
“Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi” (2 Corinzi 5:21). Essendo puro da ogni peccato, egli poté quale uomo essere la vittima espiatoria per i nostri peccati, procurandoci la salvezza. Le Sante Scritture ci rivelano chiaramente che vi è “un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Timoteo 2:5).
Ringraziamo e lodiamo Dio perché fece tutto questo per noi!
Un altro aspetto magnifico è che Dio appare agli uomini solo come uomo. “Tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere” (Esodo 33:20). Così rispose Dio a Mosè che desiderava vedere la sua gloria. Non è possibile vedere fisicamente la faccia di Dio, perciò Dio s’incarnò in un uomo e apparve a molti come un uomo.
Così successe a due discepoli: dopo la morte e la risurrezione di Gesù, se ne andarono a Emmaus rattristati dagli eventi. “Parlavano tra di loro di tutte le cose che erano accadute. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro. Ma i loro occhi erano impediti a tal punto che non lo riconoscevano” (Luca 24:14-17).
Dio incarnato in un uomo può ora entrare in relazione con noi: non è incredibile? A volte siamo sconcertati e non ci accorgiamo che il Signore è con noi! I due discepoli diretti a Emmaus trattennero a cena il Signore; quando egli ruppe il pane e lo diede loro “allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli scomparve alla loro vista. Ed essi dissero l’uno all’altro: – Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?” (vv. 30-32). Il Signore può sembrarci molto lontano, ma in realtà è con noi e capisce ogni situazione perché lui l’ha precedentemente vissuta come uomo sulla terra.
Il color bianco – la purezza di Cristo
Il bianco è il colore del lino fino e raffigura la purezza dell’umanità di Cristo: lui solo è giusto, senza macchia alcuna, bianco come neve. Sebbene Gesù sia “stato tentato come noi in ogni cosa”, lui non commise alcun peccato (Ebrei 4:15). Quindi oggi può “simpatizzare con noi nelle nostre debolezze”.
Nel Nuovo Testamento ritroviamo molti riferimenti al bianco in relazione con la purezza. Al sepolcro dove fu messo Gesù, un angelo del Signore rotolò la pietra e vi sedette sopra; “Il suo aspetto era come di folgore e la sua veste bianca come neve” (Matteo 28:3). In Apocalisse, Gesù si presenta all’apostolo Giovanni come l’anziano, il cui capo e i cui capelli sono “bianchi come lana candida, come neve” (Ap 1:14). Ai vincitori della chiesa a Pergamo, il Signore darà “una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve” (Apocalisse 2:17); ai santi della chiesa a Sardi dice “ci sono alcuni che non hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni” (Apocalisse 3:4), e a quelli nella chiesa a Laodicea, invece, consiglia “di comperare da me … delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità” (Apocalisse 3:18).
Il nostro Signore Gesù è l’agnello pasquale senza né difetti né macchia (1 Pietro 1:19) che sparse il suo sangue come prezzo di riscatto per noi. “Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno” (1 Pietro 2:22). Pilato, dopo essersi lavato le mani, disse: “Io sono innocente del sangue di questo giusto” (Matteo 27:24). Fu sepolto tra gli empi, profetizza Isaia, sebbene “non aveva commesso violenze né c’era stato inganno nella sua bocca” (Isaia 53:9).
Avendo vissuto una vita giusta, pura, senza macchia, bianco come neve, ora può compatire e salvarci da ogni nostra impurità: “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (Ebrei 4:15). Ora questo giusto vive in noi “E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com’egli è puro” (1 Giovanni 3:3). Questo Cristo così puro renderà pura anche la sua chiesa, presentata in Apocalisse come la sua sposa: “Rallegriamoci ed esultiamo e diamo a lui la gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello e la sua sposa si è preparata. Le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi” (Apocalisse 19:7-8).
GESÙ, LO SCHIAVO – Il vangelo di Marco
“Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando il vangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo” (Marco 1:14-15).
Il vangelo di Marco descrive la vita di Gesù dai trent’anni in su, ossia dal momento che incominciò il suo servizio divino. Non vi è alcun preambolo né racconto riguardanti la sua nascita o la sua gioventù, perché da uno schiavo ci si aspetta in primo luogo che compia il suo lavoro. Marco non riferisce neppure la genealogia di Gesù perché a nessuno interessano le origini di uno schiavo. Tutto questo vangelo ritrae il nostro Re meraviglioso venuto sulla terra come uno schiavo per servici in preghiera e nell’annuncio della buona notizia, senza mai badare ai propri interessi o bisogni.
“avendone guariti molti, tutti quelli che avevano qualche malattia gli si precipitavano addosso per toccarlo” (Marco 3:10)
Gesù si preoccupava di tutti e anche dei suoi discepoli: “Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco. Difatti, era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare” (Marco 6:31).
Il RE dei re, fattosi schiavo, venne sulla terra per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti. “Gesù, chiamatili a sé, disse loro: Voi sapete che quelli che son reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:42-45).
Il bue, per il servizio e il sacrificio
Il bue rappresenta perfettamente il Re dei re diventato schiavo per noi. Il bue era essenziale per il lavoro nei campi: “Dove mancano i buoi è vuoto il granaio, ma l’abbondanza della raccolta sta nella forza del bue” (Proverbi 14:4). Il Signor Gesù venne come uno schiavo per portarci la ricchezza della sua salvezza completa e il suo lavoro ci ha procurato tutte le ricchezze spirituali.
Il bue, utilizzato per i compiti pesanti e faticosi, era sottoposto al giogo che simboleggia la sottomissione e la forza paziente durante un lavoro penoso. “Non metterai la museruola al bue che trebbia il grano. Forse che Dio si dà pensiero dei buoi? O non dice così proprio per noi? Certo, per noi fu scritto così; perché chi ara deve arare con speranza e chi trebbia il grano con la speranza di averne una parte” (1 Corinzi 9:9-10; Deuteronomio 25:4).
Gesù Cristo compì il lavoro più faticoso al mondo, quello di servire gli uomini fino alla morte della croce per la loro salvezza. “Poiché il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:45). Per questo la Bibbia raffigura questo aspetto con il color rosso scarlatto.
Lo scarlatto – il sangue sparso da Cristo per noi
Nell’Antico Testamento, il bue era l’animale per il sacrificio di olocausto; Cristo offrì sé stesso come olocausto per ognuno di noi. Lo scarlatto ci ricorda quindi il sangue di Cristo versato per noi sulla croce.
“Elia partì di là e trovò Eliseo, figlio di Safat, il quale arava con dodici paia di buoi davanti a sé; ed egli stesso guidava il dodicesimo paio. […] Dopo essersi allontanato da Elia, Eliseo tornò a prendere un paio di buoi, e li offrì in sacrificio; con la legna dei gioghi dei buoi fece cuocere la carne e la diede alla gente, che la mangiò. Poi si alzò, seguì Elia, e si mise al suo servizio” (1 Re 19:19, 21)
Nel Nuovo Testamento appare chiaramente che Gesù fu il bue che sparse il sangue per noi. “Venuto Cristo, sommo sacerdote dei futuri beni, egli … è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna” (Ebrei 9:11-12). E per la Bibbia è chiaro che “senza spargimento di sangue, non c’è perdono” (Ebrei 9:22).
“Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù” (Ebrei 10:19-22), avviciniamoci a Dio “con cuore sincero e con piena certezza di fede”.
Gesù, il Re, si umiliò incarnandosi in un uomo e vivendo come un uomo per servire gli uomini; quale re servirebbe i suoi sudditi? Ma ciò non bastò! Il Re-schiavo venne per morire sulla croce al posto nostro; fu il bue che si sacrificò volontariamente per i nostri peccati. Ora grazie al sangue che lui sparse – lo scarlatto – noi siamo perdonati da tutti i nostri peccati. ALLELUIA.